CREDITS


Tratto da "Il mercante di Venezia" di W. Shakespeare

Traduzione, adattamento e regia Miriam Ghezzi

Direzione artistica La Gilda delle Arti

ANTONIO, mercante di Venezia - Stefano Tirloni

SHYLOCK, ebreo - Giovanni Aresi

PORZIA, signora di Belmonte - Sara Arnoldi

NERISSA, sua dama di compagnia - Valeria Padilla

BASSANIO, amico di Antonio e pretendente di Porzia - Daniele Tirloni

GRAZIANO, amico di Antonio e Bassanio
PRINCIPE DEL MAROCCOCO, pretendente di Porzia - Giovanni Fiorinelli

SALERIO, amico di Antonio e Bassanio
VECCHIO GOBBO, padre di Lancetta - Martina Algeri

SOLANIO, amico di Antonio e Bassanio - Marzia Corti

LORENZO, amico di Antonio e Bassanio
Magnifico di Venezia - Michele Fiorina

JESSICA, figlia di Shylock
Magnifico di Venezia - Laura Crotti

LANCETTA, buffone servo di Shylock, poi di Bassanio
PRINCIPE DI ARAGONA, pretendente di Porzia
TUBAL, ricco ebreo della tribù
Carceriere - Andrea Valietti

DOGE di Venezia
Direttore di scena - Tiziana Cortinovis

ANCELLA di Porzia
LEONARDO, servo di Bassanio
SERVO di Antonio
Magnifico di Venezia - Lara D’Alessandro

Scenografia Nicolas Adobati, Giovanni Aresi

Luci "M&M Audio Service", Bonate Sopra (BG)

Costumi Miriam Ghezzi

Produzione La Gilda delle Arti - Teatro Bergamo, 2023





































TRAMA


Shakespeare è uno di quei poeti che tutti conoscono di nome: un aforisma tratto dai suoi componimenti di rado manca a san Valentino, e a Verona si fa la fila per visitare il balcone di un personaggio mai esistito, la Giulietta di Romeo, l’emblema dell’amore giovane e disposto a tutto.
Eppure, Shakespeare non era solo un abile creatore di frasi romantiche, e chi ha letto le sue opere lo sa bene: picchi di stupenda poesia sono quasi sempre preceduti (o seguiti) da battute in gergo colloquiale, e le scene più commoventi inframmezzate da interventi comici spiazzanti.
Con Shakespeare la tragedia sfiora la commedia, e la commedia non si risolve senza prima aver raggiunto il culmine della drammaticità: questa la cifra più ricorrente della sua poetica, unita alla capacità di trovare analogie tra gli opposti, alla ricercatezza delle scelte linguistiche e alla profonda consapevolezza dei meccanismi che accendono l’interesse del pubblico a teatro.
E infine, per questo l’opera di Shakespeare è immortale: perché con inaudita semplicità porta in scena tutta la complessità dell’animo umano.

Il Mercante di Venezia è una tragicommedia in cinque atti, della durata complessiva di due ore.
Le linee narrative che si intrecciano sono almeno tre, e compongono una vicenda che salta da un tema, e da un luogo, all’altro con grande disinvoltura, culminando e dipanandosi nel quarto e quinto atto.
È solo nell’ultima mezzora che si risolvono la rivalità tra il mercante Antonio e l’usuraio Shylock, la storia d’amore tra Bassanio e Porzia, e il matrimonio tra il cristiano Lorenzo e l’ebrea Jessica.
Nonostante la quantità di personaggi coinvolti, è uno in particolare a rimanere impresso nella memoria: Shylock, l’usuraio ebreo antagonista del Mercante di Venezia. Shylock presta ad Antonio una cifra altissima senza chiedere interessi, ma ponendo una penale terribile in caso di inadempienza: una libbra della carne di Antonio, da tagliarsi vicino al cuore.
Va da sé che il Mercante non sarà in grado di ripagare il debito, e va da sé che Shylock non accetterà altri tipi di risarcimento. Perciò nel quarto atto si assiste al processo tra i due, presieduto dal Doge e diretto dal misterioso giurista Baldassarre: per definire se la vera Giustizia permette o no di adempiere un contratto disumano.
































NOTE DI REGIA


Ogni opera del Bardo rappresenta una sfida per i professionisti del palco: allettante, perché significa confrontarsi con un gigante della letteratura, e ardua, perché devono barcamenarsi tra registri alti e bassi, risate e lacrime, e tanti, tanti personaggi.
Ed è su quest’ultima caratteristica che La Gilda delle Arti si sofferma più marcatamente: Il Mercante di Venezia è uno spettacolo di compagnia.
Shakespeare scriveva per i Lord Chamberlain's Men, un gruppo di attori abituati a lavorare insieme, chiamati puntualmente a interpretare personaggi di qualità, età e sesso diversissime dalle loro: per il moro dell’Otello non si cercava un vero africano, né per Giulietta si faceva il casting per la ragazza giusta; piuttosto si attingeva tra i membri della compagnia, ossia ragazzini e uomini (le donne non recitavano!), alcuni alle prime armi del mestiere, altri con lunga e apprezzata esperienza di palco.
In un ambiente di lavoro simile, si capisce che il perno, il segreto della riuscita dello spettacolo non stava nella verisimiglianza, ma nell’affiatamento tra attori, nella loro necessità di arrivare al cuore degli spettatori, e nella qualità della vicenda narrata.


La Gilda delle Arti fa sua questa lezione e, insieme al desiderio di restituire Shakespeare nella sua interezza, nella sua complessa semplicità e nella sua immortalità, gioca la sua carta: tredici attori e attrici si cimentano un testo tradotto ad hoc, e puntano tutto sull’immediatezza del play, del godimento di uno spettacolo meraviglioso, il cui ritmo si può solo assecondare con il movimento della scenografia e la semplicità evocativa dei costumi.
































FOTO DAL BACKSTAGE